Può esser sospesa l'esecuzione immobiliare se il titolo esecutivo è viziato per usura
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Il Tribunale di Pavia accoglie le tesi sostenute dalla Mutua Sociale Ambrosiana in merito alla dimostrazione della usura di un contratto di mutuo fondiario, nel ricorso patrocinato dall’Avv. D.Folino,farà sicuramente giurisprudenza la sentenza che può aiutare le famiglie che rischiano non solo di perdere la casa, ma di dover pagare mutuo e pesanti interessi alle banche.
Con ordinanza del 12.12.2014 il Tribunale di Pavia accoglie la tesi della rilevanza della mora ai fini dell’usura, tesi già esposta dalla Suprema Corte con la sentenza 350/2013 e dalla quale deriva la nullità di tutte le clausole che prevedono interessi, come disposto dall’art. 1815, 2°comma, c.c. che tanto spaventa le banche. Dopo un breve passaggio sul rito nel quale veniva confermata la procedibilità del reclamo e la legittimità della condotta osservata, il Tribunale di Pavia, nonostante non fosse stato instaurato il giudizio di merito nei termini indicati dal Giudice della esecuzione, ha riconosciuto l’usura nel contratto di mutuo impugnato, in base ai conteggi sui costi effettivi del mutuo. Tutto era iniziato quando la coppia, in difficoltà finanziarie, aveva interrotto il pagamento del mutuo - 305 mila euro - fatto per costruire una villetta da 360 mila euro. La banca era intervenuta vantando un credito complessivo di oltre 300 mila euro: la casa, pignorata, è stata messa all’asta per 110 mila euro. L’opposizione al provvedimento fatta dagli avvocati ha bloccato l’esecuzione. I legali hanno sostenuto che, grazie alla perizia econometrica di parte, ritenuta valida dal collegio giudicante, «la banca ha praticato l’usura nel contratto di mutuo impugnato, in base ai conteggi sui costi effettivi dello stesso mutuo».
I calcoli matematici formulati nel reclamo difatti, dimostravano che si fosse esuberato il tasso soglia vigente al momento della stipula del mutuo (usura pattuita) con la conseguenza, di non di poco conto, che l’illecito penale della usura ex art. 644 c.p. andava ad inficiare in toto il titolo esecutivo azionato assumendone la sostanziale inesistenza ab origine rendendolo pertanto inidoneo a radicare correttamente l’esecuzione. Dunque i mutuatari, a dispetto della dichiarata decadenza dal beneficio del termine non erano affatto inadempienti verso la banca; al contrario, vista la nullità della clausola interessi, erano essi stessi creditori dell’istituto di credito per le somme illegittimamente versate a titolo di interessi. Contro la pretesa azionata dalla banca di € 305.000 (valore dell’asta), la dimostrata usurarietà del mutuo ha permesso il ricalcolo dell’effettivo residuo debito (formato ora dalla sola quota capitale) che in realtà si è accertato essere di euro 232.000. Per effetto dell’Ordinanza poi, la suddetta somma è stata ulteriormente depurata di euro 67.000 perchè indebitamente percepiti dalla banca nel corso del tempo determinando così un ben diverso residuo debito. Contro 305 mila pretesi, il mutuatario ha potuto dimostrare di doverne solo 170.000! Ne è conseguito il logico accoglimento delle tesi illustrate, la sospensione della esecuzione perché promossa, evidentemente, sulla scorta di un titolo inesistente!
La decisione inoltre poggia su due altre sentenze: una della Cassazione e l’altra, pur innovativa, del giudice di pace di Domodossola, Carlo Crapanzano sui tassi che superano la soglia usura fissata dalla banca d’Italia.